20/06/2004 Texte

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Religione e Politica - Wahhabismo

C'erano una volta i taleban. Qualcuno li hanno "scoperti" quando hanno imposto il loro codice di comportamento all’intera società afghana, altri quando hanno distrutto le statue del Buddha, altri solo quando hanno ospitato e protetto i capi di al-Qaeda. Ora, dopo i ripetuti attentati in Arabia Saudita e le decapitazioni di occidentali, c’è chi "scopre" gli wahhabiti. Il lungo elenco di divieti ricorda quello dei taleban afghani, anche se l’applicazione non è altrettanto oppressiva. Basta sfogliare le risposte giuridiche (fatwa) offerte dalla Commissione permanente per le ricerche scientifiche, il massimo organo religioso in Arabia Saudita, presieduto dal Gran mufti: divieto per la donna di portare i tacchi alti e di andare al mercato senza il permesso del marito; nullità della preghiera con i pantaloni (sottolineano le parti intime); illecito osservare il lutto per i sovrani deceduti (equivale a contestare la volontà di Dio); divieto di portare a casa riviste frivole; divieto di tingersi i capelli e di profumarsi; divieto di inchinarsi giocando a karatè (ci si inchina solo davanti al Creatore); divieto di stipulare polizze assicurative...

Il corollario di una simile dottrina tocca ovviamente il rapporto tra wahhabismo e resto del mondo. Perché tutto quanto è difforme dall’interpretazione rigorista wahhabita rientra in una di queste categorie: eretici, sincretisti, corrotti, rinnegati, settari, corruttori. Siano essi musulmani o no. Mentre il Paese continua a esportare la dottrina: 1600 le moschee costruite all’estero costruite fino al 2000.

«La famiglia Saud ha un unico modo di evitare il divorzio con Washington. Deve denunciare, politicamente e ideologicamente, la dottrina wahhabita, che incita all’odio e strumentalizza l’islam, senza limitarsi alle operazioni di polizia».

Lo afferma Antoine Basbous, fondatore e direttore dell’Observatoire des pays arabes di Parigi e autore di vari libri sull’Arabia Saudita e lo wahhabismo.

Esiste un legame organico tra wahh abismo e Arabia Saudita ?

Esiste sin dall’origine. L’Arabia saudita è nata dall’alleanza politico-religiosa-militare stipulata nel 1744 tra la famiglia Saud e il teologo Mohammed ibn Abd al-Wahhab da cui ha preso il nome la dottrina. Ancora oggi, i discendenti delle due famiglie continuano a rappresentare i due pilastri su cui si fonda il Regno saudita. Lo wahhabismo è lo strumento che la famiglia Saud utilizza per contare nel mondo. Il progresso mondiale dello wahhabismo significa in fin dei conti anche un prestigio per la loro dinastia.

C’è una precisa ripartizione dei poteri tra questi due pilastri ?

La politica estera ed economica è dominio della famiglia Saud, mentre la società è lasciata tra le mani degli wahhabiti. I responsabili dell’autorità religiosa nel regno (discendenti della famiglia Al Sheikh di Ibn Abdul-Wahhab) dominano i ministeri della Giustizia, dell’Informazione, dell’Educazione e, beninteso, degli Affari religiosi con un bilancio complessivo di circa 10 miliardi di dollari l’anno. Gli wahhabiti dettano, ad esempio, ciò che ritengono "giusto" riguardo la donna e gli stranieri e fissano la "vera dottrina".

E come mai questa "deriva" islamica non ha suscitato in Occidente la stessa reazione che hanno suscitato i taleban ?

È potuto accadere grazie all’ingresso nel patto di un terzo attore. Si tratta degli degli Stati Uniti, dopo l’incontro avvenuto nel 1945 tra il re Abdul-Aziz e il presidente americano Roosevelt. L’alleanza si basava su uno scambio: gli americani garantivano la sicurezza esterna al regno saudita chiudendo un occhio sulle violazioni della dignità umana che avvengono al suo interno. In cambio, l’Arabia fornisce il petrolio all’Occidente a buon prezzo e lo asseconda nella lotta al comunismo. Infatti il governo saudita ha finanziato l’invio di migliaia di volontari arabi e islamici in Afghanistan per combattere il jihad contro le truppe sovietiche.

Ma tutto è cambiato improvvisamente...

L’11 settembre ha cambiato l’ordine dell e cose. Gli americani hanno messo i governanti sauditi davanti all’alternativa: o state con Benladen, e in tal caso siete nostri nemici, oppure dovete purificare lo wahhabismo di tutto ciò che è "anormale" e bloccare la sua diffusione.

E come hanno reagito i responsabili sauditi ?

Non potevano certo negare che 15 dei 19 kamikaze dell’11 settembre fossero sauditi, formati nelle scuole dello wahhabismo. Hanno cercato di tergiversare poi, dopo gli attentati di Riad del 12 maggio 2003, hanno capito che anche loro corrono un rischio. Hanno perciò acconsentito a colpire il potere di quella espressione radicale e nel contempo autentica dello wahhabismo, quella cioè che simpatizza con Ossama. Hanno quindi licenziando o "re-indottrinato" centinaia di imam, mantenendo solo i cosiddetti "imam del palazzo" Quelli disposti a dichiarare quello che la famiglia reale desidera.

OBSERVATOIRE DES PAYS ARABES
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